Gli pneumatici, come in tutti i mezzi di trasporto su gomma, sono l’unico elemento in contatto con il manto stradale. Essi forniscono il grip necessario per l’avanzamento del mezzo e la sua guidabilità in curva e fungono anche da sospensione in grado di assorbire le irregolarità del manto stradale. In una bici da strada essi sono inoltre l’unica sospensione presente, fondamentale quindi il loro ruolo per un buon comfort di marcia e non affaticare troppo il nostro corpo. Gli pneumatici ideali dovrebbero combinare buone capacità di resistenza alle forature, bassa resistenza al rotolamento e basso peso, caratteristiche che non sono facilmente coniugabili l’una con l’altra.

Quando saliamo in bici, i nostri pneumatici si comprimono (anche il solo peso della bici li comprime, ma dato il basso valore di peso tale compressione è minima). Una pressione di gonfiaggio troppo bassa causa un’eccessiva compressione dello pneumatico; ciò rende la bici difficile da guidare, aumenta la resistenza al rotolamento e aumenta la probabilità di pizzicature della camera d’aria (problema non presente nel caso tubeless ovviamente). Al contrario, una pressione di gonfiaggio troppo elevata rende gli pneumatici molto duri limitando il loro effetto di sospensione. La pedalata risulterà quindi priva di comfort dato che tutte le irregolarità stradali saranno trasmesse al telaio della bici e al nostro corpo. Inoltre anche il grip diminuisce poichè la sezione di pneumatico in grado di comprimersi ed aderire al manto stradale diventa minima. 

Da questa breve introduzione appare quindi chiaro che la giusta pressione di gonfiaggio è un compromesso che deve valutare vari fattori.

 

 

La compressione dello pneumatico dipende dal peso che grava su di esso, pertanto la pressione di gonfiaggio che permette di ottenere la giusta compressione è influenzata dalla somma del nostro peso corporeo e del peso della nostra bici (e da eventuali bagagli che carichiamo sulla bici nel caso di cicloviaggi).

L’ingegnere Frank Berto ha compiuto verso la fine degli anni ’80 degli studi per stabilire il valore ottimale di compressione. Egli stabilì che la situazione ottimale la si ha quando lo pneumatico si comprime del 15% della sua altezza.

Se dovessimo seguire questa regola, la pressione di gonfiaggio risultante sarebbe piuttosto basta e di molto inferiore a quando usualmente gonfiamo i nostri pneumatici. Questo perchè l’ingegner Berto ha svolto tali studi nell’ottica del cicloturista che ha l’obiettivo di migliorare il comfort di marcia piuttosto che ottimizzare anche la resistenza al rotolamento. Pertanto i suoi risultati sono controversi e da prendere con spirito critico prima di applicarli nelle nostre pedalate giornaliere.

Una grossa difficoltà risiede poi nel misurare di quanto lo pneumatico si comprime. Berto ci viene in aiuto con un grafico in cui indica le pressioni di gonfiaggio necessarie per ottenere il 15% di compressione in funzione del peso che grava sulla singola ruota e della sezione dello pneumatico.

Un altro aspetto difficile da valutare è il peso per ruota. Infatti il peso complessivo della bici e del nostro corpo non si distribuisce in maniera uniforme tra lo pneumatico anteriore e quello posteriore: sullo pneumatico posteriore grava la maggior parte del peso, generalmente tra il 55% e il 65%. Per applicare correttamente il grafico di Berto sarebbe necessario misurare come si distribuisce il peso nel nostro caso. Il metodo più semplice è quello di mettere una bilancia sotto allo pneumatico anteriore e uno spessore (libro o pezzo di legno) sotto lo pneumatico posteriore in modo da livellare la posizione della bici. A questo punto dovremmo impugnare il manubrio cercando di rimanere in equilibrio appoggiandoci ad un sostegno che abbiamo a lato; è necessario appoggiarsi molto delicatamente al sostengo in modo da scaricare il minor peso possibile su di esso e non falsare la misurazione. A questo punto facciamoci aiutare da qualcuno per leggere il peso indicato dalla bilancia. Per verificare di aver fatto le cose per bene possiamo poi ripetere la procedura ponendo la bilancia sotto allo pneumatico posteriore. Come si può immaginare, la procedura non è semplice e si presta ad errori che potrebbero falsare i dati rilevati.

Le critiche agli studi di Berto non mancano; Jobs Brandt, altro ingegnere autore del bel libro “The Bycicle Wheel” sostiene che la teoria di Berto non considera il comportamento della bici durante la sterzata. In questa situazione, gli pneumatici si comprimono ulteriormente rispetto al caso statico. Pertanto quel 15% di compressione indicata da Berto aumenterebbe notevolmente diminuendo la guidabilità della bicicletta in curva. Inoltre, la distribuzione di carico che misuriamo con la procedura sopra indicata vale per la condizione statica. Durante la fase dinamica, come ad esempio in frenata, succede che l’anteriore si carica e il posteriore si scarica di peso. Anche in questo caso, il 15% di compressione iniziale aumenterebbe sensibilmente nello pneumatico anteriore che potrebbe causare pizzicatura della camera d’aria. In discesa ciò risulta particolarmente pericoloso.

 

In passato, si era soliti a gonfiare gli pneumatici al massimo di pressione indicata dal costruttore. Ciò era dovuto alla convinzione che pressioni di gonfiaggio elevate riducessero la resistenza al rotolamento. Ciò è vero su superfici perfettamente lisce e fino ad un determinato valore di pressione. Nella realtà, l’asfalto è tutt’altro che liscio. In questo caso, pressioni elevate di gonfiaggio non migliora la resistenza al rotolamento, ma peggiorano solo il comfort di marcia poichè gli pneumatici diventano molto duri e l’effetto sospensione diminuisce.

 

Per quanto riguarda il tubeless, avendo eliminato la camera d’aria, la possibilità di pizzicature della stessa svanisce. Pertanto il problema di utilizzare basse pressioni di gonfiaggio non rappresenta un problema sotto questo punta di vista. Rimane sempre valido il problema di utilizzare basse pressioni che renderebbero difficile guidare la bici in curva a causa dell’eccessiva compressione dello pneumatico. Inoltre, quando uno pneumatico tubeless si deforma in maniera eccessiva, si potrebbe arrivare al suo stallonamento dal cerchio con conseguenze catastrofiche.

 

E quindi qual è la pressione giusta?

Un valore assoluto non esiste, come abbiamo visto da quanto esposto sopra i seguenti fatti influiscono sulla scelta della pressione di gonfiaggio: peso della bici e del nostro corpo, stile di pedalata (se vogliamo privilegiare il comfort oppure la scorrevolezza), condizioni della strada (asciutto, bagnato, umido), sezione dello pneumatico (23, 25, 28,…) e larghezza interna del cerchio montato sulle nostre ruote (15c, 17c, 19c,…).

Possiamo comunque dare alcune indicazioni in funzione del tipo di pedalata che andremo ad affrontare. Se utilizziamo la bici per brevi spostamenti, come ad esempio per fare commissioni in città o per il commuting casa-lavoro, non ha senso utilizzare elevate pressioni di gonfiaggio che inficerebbero il comfort.  Lo stesso discorso vale per un utilizzo endurance, per stare tante ore in bici senza troppi problemi di affaticamento muscolare è bene non esagerare con le pressioni di gonfiaggio in modo da far assorbire agli pneumatici la maggior parte delle asperità e sconnessioni del manto stradale.  Se utilizziamo la bici per epici tour alpini ricchi di salite e discese tecniche, è bene non scendere troppo con le pressioni di gonfiaggio per diminuire la possibilità di pizzicature e migliorare la guidabilità della bici.

Come misurare la pressione di gonfiaggio?

Solitamente le pompe verticali hanno incorporato un manometro che misura la pressione a cui arriviamo durante il gonfiaggio. Tali manometri però non sono molto precisi, specialmente se la nostra pompa ha qualche anno. Per essere certi della pressione di gonfiaggio è bene utilizzare manometri digitali per controllare l’effettiva pressione di gonfiaggio a cui siamo arrivati dopo aver utilizzato la classica pompa verticale. Qui di seguito trovate alcuni manometri digitali ben fatti e dal costo non troppo elevato.

 

La giusta pressione di gonfiaggio
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